giovedì 23 maggio 2013

Di tagli, ferite e insetti volanti


Poco fa, scrivendo al pc, ho notato una grossa ape che volava fuori dalle vetrate del mio ufficio.
Sensibile e predisposto come sono alle distrazioni, ho immediatamente rarefatto il ticchettio sui tasti per dedicarmi ad una serie di pensieri fini a se stessi e orbitanti tutti attorno all’insetto bicolore.
Ho innanzitutto pensato al fatto che l’ape in questione deve avere un amico coleottero, che è morto in un qualche vaso lontano e che lei non lo sà. Per questo vola così spensierata davanti a me. L’ignoranza, in certi casi, è una benedizione, mi dico.
Dopo qualche secondo l’ape sparisce dalla mia visuale, lasciandomi a guardare le soffici, immense nubi bianche che mi pascolano davanti, come un immenso gregge di vaporosi ovini volanti. Segno che quella puttana della Primavera ci prende per il culo pure oggi.
A Nord-Ovest il cielo è nero, fanculo, e questo vuol dire una cosa sola, cara la mia ape: quest’anno di ciliege buone non ce ne saranno.
Prendo un foglio bianco, un pennarello blu e scrivo l’ultima parola che il coleottero ha pensato prima di soccombere sotto un pugno di neve fuori stagione.
Gioco con le forbici a tagliare le parole, come se fossero i piccioli delle ciliege, ma mi taglio un dito. Poi una falange.
Poi, con pazienza, mi riduco in minuscoli coriandoli di umano, grandi come un’ape.
Mi chiedo allora se sono fatto di coriandoli oppure di ferite, se il dolore che non sento è normale, se mi sto guardando allo specchio (e quindi volo) o se sono in un vaso, tra la terra e la neve.
Inizia a piovere.
La tastiera del pc ricomincia a ticchettare.

Twitter:  @Aure1970 

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